Recensione de "La pianista di Auschwitz"
Buongiorno lettori e
bentornati sul mio blog!
Questa mattina
parleremo di un libro che mi era stato consigliato da molti, ed in
special modo dalla mia parabatai (ciao Elee!), ma che, per un motivo
o per un altro mi ha un po' delusa: “La pianista di Auschwitz”
di Suzy Zail.
Avevo deciso di
leggere questo libro per la Giornata della Memoria ma, sinceramente,
dei terribili momenti che sono rimasti impressi nella storia ho
trovato ben poco.
Prima di tutto,
però, passiamo alla scheda:
La trama, di per sé,
risulta piuttosto banale: durante la Seconda Guerra Mondiale, Hanna
Mendel, quindici anni, viene condotta con i genitori e la sorella
maggiore ad Auschwitz per via della stella gialla che è costretta a
cucire su ogni suo vestito.
Separata dal padre,
decide di mentire sulla sua età per essere spedita a destra,
salvandosi la vita e riuscendo a rimanere insieme al resto della
famiglia.
Anche se la sua vita
precedente le è stata strappata via (il suo futuro da pianista, la
sua casa, il ballo con un ragazzo del quartiere), Hanna è sempre
stata attenta a rimanere cauta e nel far mantenere lo stesso
comportamento alla sorella Erika, dal temperamento molto più acceso.
In casi di necessità
(come la fame, il lavoro forzato o la grave depressione della madre),
è fondamentale fare tutto il possibile pur di ricevere una crosta di
pane secco in più o anche solo per ottenere un goccio d'acqua, anche
se questo può attirare le inimicizie delle altre prigioniere.
Ed è per questo che
Hanna, scoprendo dell'opportunità di poter suonare come pianista
ufficiale del comandante del lager, tenta il tutto per tutto.
Privata di ogni
cosa, ma non dell'amore per la sua adorata musica, la protagonista
riuscirà ad ottenere l'incarico anche se questo vuol dire essere
costantemente sotto il mirino dei nemici e soprattutto di Karl,
figlio del comandante, che Hanna non può fare a meno di odiare pur
rimanendone segretamente attratta.
Allora, che cosa
dire di questo romanzo?
Iniziamo dai fattori
positivi: “La pianista di Auschwitz” è un romanzo
leggero, malgrado il tema trattato, e che quindi può risultare
piacevole ed adatto a lettori più giovani che vogliono avvicinarsi a
questo genere di letture. Lo stile di Suzy Zail è, infatti, molto
rapido, molto essenziale, che si sofferma poco sui dettagli che
possono spesso risultare noiosi o tergiversanti per concentrarsi
maggiormente sullo sviluppo della trama e dei personaggi.
Ho apprezzato
l'utilizzo che viene fatto della musica come “ancora di salvezza”
in maniera metaforica ma anche letterale: erano infatti le melodie
dei suoi compositori preferiti che permettevano ad Hanna di
addormentarsi la sera o di calmare la madre malata, erano le note a
riempire il cuore della protagonista quando la paura diventava troppo
grande, ed è stata la musica a permetterle di andare avanti quando
era ben chiaro che il suo fisico non le avrebbe mai permesso di
durare a lungo tra i lavori pesanti.
Ma adesso passiamo
alle note dolenti: ho trovato questo romanzo poco realistico dal
punto di vista storico. Essendo il padre dell'autrice un
sopravvissuto dell'Olocausto (la cui storia è stata raccontata nel
libro “Il bambino di Auschwitz”), mi aspettavo da lei ben
oltre una classica storiella adolescenziale incupita dalle atrocità
della guerra. Avrei apprezzato maggiormente uno sguardo più ampio
sulla vita dei campi, sui lavori forzati, sul malessere fisico e
mentale provato dai personaggi.
Ho trovato la storia
poco vera e, per questo, non è stata in grado di farmi emozionare
malgrado ne avesse avuto l'opportunità più e più volte.
Ho trovato banale
l'espediente dell'autrice di farci accettare questo sentimento tra
Hanna e Karl, una storia sentita e risentita e per questo affatto
necessaria.
Penso che l'autrice
abbia creato dei personaggi apatici, vuoti, che sin dall'inizio non
sono stati in grado di coinvolgermi emotivamente. Finito il romanzo,
infatti, mi sono resa conto di non aver provato rabbia per loro, di non aver provato dolore o gioia o angoscia (estrapolandoli, ovviamente,
dal contesto orribile in cui si trovavano). E, ad esser sinceri, a
distanza di pochi giorni dalla Giornata della Memoria, ho persino già dimenticato i loro nomi o gran parte delle vicende che li vedevano protagonisti.
Anche se sarei
curiosa di leggere la storia del padre di Suzy Zail, devo essere
sincera nell'ammettere che “La pianista di Auschwitz” non
mi ha affatto convinta.
Per questo motivo ho
deciso di dargli un voto
un po' gonfiato di 3/5⭐ per il semplice fatto che lo
consiglierei, comunque, ad un pubblico più giovane e che quindi può
accontentarsi anche della storia d'amore su cui gran parte del libro
si basa.
E voi conoscevate questo libro?
Ne siete rimasti
soddisfatti oppure concordate con il mio pensiero?
E soprattutto, avete
qualche libro sul tema dell'Olocausto da consigliarmi?
Quest'anno mi
sono ripromessa di affrontare delle letture un po' più forti,
impegnate, e per questo avrò bisogno della vostra collaborazione!
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